domenica 4 maggio 2008

Recensione di Bianca Mereu


Certo, la signorina Rose Papillon è un tipo alquanto particolare: dolce, (apparentemente) indifesa, sognatrice ma non priva di una sua forte personalità. E che si è costruita un mondo, dove d’altra parte vive: il suo giardino. Tra rose che nascono, crescono, “si spampanano” e muoiono. Farfalle e farfalline che doviziosamente la signorina infilza… e addirittura un pappagallo morto ed impagliato che però conosceva tutto Mallarmè a memoria.
Questo è il mondo della signorina Papillon: incantato, quasi sospeso nello spazio e nel tempo, universale. E surreale: come d’altra parte il linguaggio dell’opera teatrale di Stefano Benni, rappresentata all’Ostadetheater di Amsterdam dal gruppo “Quelli di Astaroth”. Fare teatro in lingua italiana in Olanda è una sfida non esattamente delle più semplici, ma che ancora una volta viene portata avanti dai Nostri con successo di pubblico e critica.

Ma torniamo alla nostra eroina, che parla, sogna, discetta nel suo mondo incantato, nel bozzolo protetto della tranquilla vita nel suo giardino, quasi un’oasi di purezza incontaminata. Lontano dai pericoli del mondo: ma molto più vicino ad essi di quanto non si possa pensare.
Specialmente quando irrompono tra le magnolie, i bombi e le farfalle alcuni inquietanti personaggi, che in una dimensione di sogno – dietro il quale ben ravvisabile si nasconde l’incubo – paiono irrompere nella vita di Rose per portare scompiglio e tentazione, come per trascinarla via da lì. Ecco Armand, sergente di una loggia simil-massonica, il sedicente poeta Millet travestito da giardiniere e la spregiudicata e civettuola cugina Marie Luise, talmente ambigua che con il corpo scosso dai singhiozzi sembra piangere e suscita la tenera sollecitudine dell’altra, mentre invece ride sarcasticamente chiamando “bietola” la fata del giardino incantato, rinfacciandole di non avere nessuna delle caratteristiche che la adattino alla vita della meravigliosa Parigi, dalla erre moscia alll’eleganza: perché Parigi non è un moscio giardino dove niente accade, ma una città viva e pulsante, ricca di movimento. Dove tutto succede, compreso l’inganno e il delitto.

Sì, perché la tentazione è rappresentata dalla capitale francese, dove le donne hanno in testa centinaia di candelieri che illuminano la sala, mentre gli uomini hanno in testa… le corna. E dove persino la bietola di provincia Rose può con un po’ di buona volontà diventare più fetente, cinica e arrivista degli altri.
Ma sarà davvero Parigi questa città? O piuttosto, considerato la stile surreale della pièce, una sorta di luogo-non-luogo, un posto metafisico dell’anima che contenga tutti gli elementi che l’autore intende rappresentare nella sua opera? E l’epoca nella quale si svolge l’azione? Verrebbe da pensare al XIX secolo, insomma l’Ottocento; in realtà, vista l’assenza di un preciso riferimento spaziale-temporale potrebbe essere un tempo più lontano: ma anche il nostro, visto che è evidente l’intenzione di ambientare fatti, misfatti e pulsioni umane in anni che potrebbero tranquillamente corrispondere ai nostri.
Insomma un teatro quasi dell’assurdo, tra sogno e incubo, fantasia e realtà (e se Rose si fosse sognata il tutto?) quasi un delirio tra farsa e tragedia con un tocco di spirito rivoluzionario: i tre personaggi sono in realtà dei sovvertitori del tranquillo mondo pacifico e incantato che Rose con tanta pazienza si è costruita, attirata e allo stesso tempo spaventata dalle blandizie del mondo reale.
Con l’avvento della tecnologia… chissà magari è possibile pensare al mondo virtuale dove in tanti si rifugiano, come in una sorta di fuga dalla realtà che può essere crudele e ricca di insidie. Come la Parigi di Armand, Millet e Marie Luise. D’altra parte è questo uno degli scopi che l’autore si prefigge: rappresentare con una riuscita serie di metafore le ipocrisie e le follie di una società alquanto cinica e in evidente decadenza e imbarbarimento, tra complotti, colpi bassi e addirittura pensieri delittuosi.
Sarà la signorina Papillon a decidere e, comunque vada, lo sconvolgimento portato nella sua esistenza da questi avvenimenti la costringerà a valutare la sua stessa vita da un’ottica completamente diversa.

Gli interpreti della mise in scène hanno ben dosato gli elementi dell’opera in modo da fondere le diverse caratteristiche di ognuno tra dramma e farsa, sogno e realtà, ben rappresentando l’impronta surreale del testo, sempre ad un passo dall’ambiguità. Come il costume di scena della protagonista Rose, piuttosto audace e che pare sottintendere una spiccata sensualità in una donna che sembrerebbe avere i tratti di una zitella sognatrice. Scene essenziali che riproducono il giardino fuori dallo spazio e dal tempo (ma anche Parigi che brucia, quasi un’allegoria di una sorta di punizione toccata alla città del peccato, simbolo dei mali del mondo: in realtà gli ultimi versi di un poema scritto dall’eccentrico poeta Millet).
Le musiche sono di Tenedle, al secolo Dimitri Niccolai, fiorentino, che ha già al suo attivo diverse collaborazioni con “Quelli di Astaroth”.

(Testo: Bianca Mereu
Foto: antonio Di Maggio)

sabato 29 marzo 2008

Come è andata la prima

Benissimo.

Non posso dire altro: eravamo letteralmente in uno stato di grazia recitativa. I video perfetti, un timing tra monologhi e quello che ci succedeva alle spalle, che non so ancora non so cosa ci fosse in quei video, che corrispondeva perfettamente. Telepaticamente, non vedo altra spiegazione.

Pubblico pochino, una quarantina, che stasera c'erano una serata di presentazioni candidati elezioni e una serata magnaebbeviaggratis all'Istituto Italiano di Cultura. Per dire, una tipica serata che concentra in sé le attività per cui noi italiani all'estero siamo famosi. o: tutto in una notte.

Però quei quaranta ci conoscono da una vita e se dicono che abbiamo superato noi stessi e di più, lo fanno con cognizione di causa. Gino, Nanda e Alessandra dicono che tornano domenica per vedere l'evoluzione del pezzo. Secondo Gino, che c'era anche ieri, sembravamo semplicemente due compagnie diverse nelle due sere (che il try-out è stato bellissimo come feedback, e utilissimo, c'erano il console e una serie di attori e giornalisti che ci hanno detto cose molto utili, e quelle che si potevano le abbiamo applicate al volo, ma la nostra recitazione era una schifezza, che eravamo troppo presi dal memorizzare lo spazio, i mobili, gli oggeti, che avevao per la prima volta).

La cosa del feedback era che ci siamo detti subito: si, ma alcune cose che ci suggerite, tipo affittare il teatro, che ci costa € 400 a sera, per una settimana e provare con luci e tutto è assolutamente improponibile a livello economico. Già lavoriamo gratis e non ci finanzia nessuno, e anche così solo di spese vive e indispensabili una produzione ci costa dai 3000 ai 5000 euro.

Invece nel giro di 24 ore ci siamo fatti quest'evoluzione da soli. Ormai ci conosciamo e tra di noi lo chiamiamo: il miracolo di Astaroth. Con il pubblico davanti si aggiusta tutto da sé, tiriamo fuori il meglio di noi. Ormai sono 7 produzioni che va così.

Poi, mentre eravamo a cena dal turco in Ferdinand Bolsstraat, i due supertechno che hanno in comune, oltre a tutto il resto, il nome delle rispttive mogli, che non per dire ma nomina sunt omina, hanno attaccato la telecamera al computer, l'hanno messa a capotavola e ci hanno finalmente fatto vedere l'insieme di recitazione e videoinstallazioni.

Venuta una meraviglia persino quella. Perché chiunque ci abbia provato sa che nulla è peggio da vedere delle riprese di un pezzo teatrale fatte in telecamera fissa. Invece i video come fondale davano un tale movimento, che sembrava un videoclip. Domani andiamo due ore prima per vedercele sullo schermone grande e studiarcele bene.

Io però ora andrei a dormire. Stamattina ho persino avuto un brutto calo di pressione con emicrania, quasi tamponamento e stonatura generale, e domani devo portare le belve a pittura, sarà il caso che spegna computer e luce adesso.Ma sono felice e soddisfatta, e non vedo l'ora di rimetterci mano stasera.

venerdì 21 marzo 2008

Nothing like a deadline...

... to sharpen your mind, come avrebbe detto Nanny, la mia governante inglese.

Giovedi è il gran giorno, del montaggio della tecnica, dei pezzi messi insieme e della prima rappresentazione in pubblico. e noi siamo prontissimi.

Nelle ultime prove di ieri e oggi abbiamo finalmente messo a punto il testo. Grazie al venerdi santo, la cara Marie Louise era con noi e sapete la cosa più bella? Ci stiamo divertendo un sacco. Adesso ci divertiamo proprio a recitare questo testo, anche se lo sappiamo a memoria, persino oggi mi saltano fuori dei significati che non avevo mai colto - ma quanto sono scema - di un paio di mie battute.

Ci godiamo una per una tutte le parole che diciamo e quelle che dicono gli altri. Il che dimostra che la scelta di lavorare in modo concentrato, facendoci insegnare da chi ne sa più di noi, senza mai perdere di vista il nostro compasso interno, la domanda che ci siamo posti all'inizio della stagione: ma io mi diverto a fare le prove o le vivo come un peso? era quella giusta.

Quest'anno abbiamo lavorato in 4, quelli che si sono detti: si, io mi diverto e le prove mi danno un sacco di energia, e me ne prendono anche tanta, ma mi fanno bene. Che si sono detti: basta con le palle al piede, divertiamoci.Ecco, io non lo so come andrà a finire il 27, 28,29 e 30 marzo in teatro, con il pubblico, le luci, il pappagallo in arrivo da Firenze con le sue canzoni, la tecnica, i video e la scatola magica delle marionette di Alberto e della Barbarina (che sembra un titolo di operetta, ma sono i nostri giovani gei della sala progetti) che ancora non abbiamo visto. Per scaramanzia e per rigore intellettuale non dirò mai che è andata benissimo. dirò solo che abbiamo lavorato al nostro meglio e che e siamo contenti.

Però da come è andata la prova di oggi, solo di testo, seduti intorno al tavolo a casa di Armand, che ci ha mostrato il suo nuovo sofà rivestito in tessuto mimentico, è stata una gran bella prova e da sola vale tutto il lavoro, la fatica e la crescita di questi ultimi cinque anni da Astarottiani.

Mi faccio un applauso da sola. Anche se Nanny disapproverebbe.

domenica 16 marzo 2008

IL PAPPAGALLO E IL MIO COSTUME A TEATRO


Mi hanno recentemente parlato del Pappagallo di Rose. È un tipo strano, perchè canta e si agita tutto. Sono un po' curioso di vederlo, ma non devo farmene accorgere. Come letterato più schivo di Parigi, è meglio che finga di rimanere in disparte, anche se poi dietro a una tenda ci sarò sempre...

Nel frattempo i giorni della grande rappresentazione a teatro si avvicinano. Io continuo a prepararmi, ci sono tante cose a cui pensare oltre al Pappagallo. Mi dicono che durante la rappresetazione si useranno tecniche avanzatissime con luci e proiezioni di immagini. Spero che tutto ciò non distragga e non oscuri la mia poesia che deve naturalmente rimanere al centro dell'attenzione.

In questa foto sono con il mio fratello della Loggia. Scuserete la nostra apparenza, era un incontro segreto! Con ben altri costumi ci presenteremo a teatro. Vedrete che roba!

Constantin

venerdì 7 marzo 2008

bada Rose

il nostro Durand ieri vestito da Papa a detto chiaro che il cofanetto deve  restare" Chiuso" fino alla  fine della Pasqua per poi farti  vedere quello che noi della Loggia faremo con tutte le stoffe che Curval ste preparendo PEr il nostro ballo TRASH..... ricordatti alleee se'tte  in costume da bagno       ARMANDUZZO

giovedì 6 marzo 2008

Prendere forma

Una rosa cambia forma ora per ora. Inizia con una piccola gemma, che poi cresce, si arrotonda e alla fine, un petalo alla volta comincia ad aprirsi al bacio dei primi raggi della primavera (così il mio cuore). E una volta sbocciata si spampana lentamente, accoglie l'ape audace e il calabrone burlone che con gran stantuffio ne suggono il nettare, finché i colori sbiadiscono, i petali ad uno ad uno cadono e resta il cuore pelosetto e secco che continua a crescere, arrotondarsi e maturare fino alla prima neve, in cui il rosaio nudo si accende ancora del rosso delle bacche.

Un po' come la messa in opera di un pezzo teatrale. Si parte da un testo, che ognuno legge per conto suo, poi al testo si dà voce, nelle prime letture, poi alla voce si aggiunge un accenno di interpretazione, quando con le discussioni di gruppo il personaggio si delinea cominciamo a scegliere una direzione interpretativa, poi cominciamo ad aggiungerci il corpo, poi lo spazio, poi degli accenni o tentativi di costume, poi i vari attrezzi di scena, poi le scene, poi le musiche e un sacco di altre cose.


E ancora nessuno ha un'idea di quello che ne verrà fuori, perché la prova con tutto, ma proprio tutto (luci, musica, scenografie complete, costumi, trucco e quel momento di silenzio terrificante prima che gli addetti del teatro aprano le porte e facciano entrare il pubblico), c'è solo la sera della prima (grasso che cola se si riesce a fare una prova di tecnica il giorno stesso, dopo il montaggio). Per questo non posso darvi un'anteprima di come sarà La signorina Papillon, posso darvene un' idea con la foto di gruppo dello scorso anno della Pinocchia, con tutti, ma proprio tutti pronti per lanciarci.



Così noi artisti ci ritroviamo la mattina presto in tuta, con fil di ferro, nastro adesivo e cacciaviti, in bilico su una scaletta o una sedia, a metter su la scatola magica insieme ai tecnici. I tecnici alle 13 vanno a pranzo, noi in genere ci facciamo una piccola prova. A volte un'anima previdente procura da mangiare, ma si va avanti a forza di nervi. In tutto questo continuiamo a discutere, piano piano arrivano tutti, qualcuno sistema i costumi, qualcun'altro attacca la locandina fuori, Qualcosa di tecnica non funziona mai e un paio di volte siamo andati in scena senza sapere se quel filmato, quella musica, quelle diapositive, si sarebbero accese al momento giusto (e non vi diremo mai se poi è successo o no.

E improvvisamente sono le 19, dobbiamo vestirci, truccarci, fare l'ultima pipì, guardare per l'ultima volta la sala vuota, ognuno ha i suoi talismani o i suoi modi per scacciare la tensione, si chiude il camerino per non venir distratti e gli ultimi minuti, quando siamo prontissimi e sentiamo il brusio delle voci in corridoio, e ci sembra che quei cinque minuti che ancora mancano dureranno un eternità, ecco, in quel momento ci vogliamo un gran bene, buttiamo via tutte le maschere che ci portiamo addosso nella vita, siamo nudi con noi stessi e ci ricordiamo improvvisamente perché ci sbattiamo tanto.

Per quei cinque minuti prima.

martedì 26 febbraio 2008

IL MIO AUTORE


"Ah il mio cuore" direbbe Rose. Davvero è successo di tutto in questi giorni e se non fossi un letterato qual sono non saprei davvero da che parte cominciare. Partiamo dalla prova. La prova dove provo ad essere Millet, tanto per intenderci. Sapete, per me essere un intellettuale è cosa di tutti i giorni, quasi un'onesta professione. So ciò che devo scrivere e ciò che non devo scrivere e soprattutto cosa si aspetta il mio pubblico. Continuo però a raffinare questa mia arte con prove continue, mi state seguendo? Provo principalmente nelle feste comandate, la domenica è il mio giorno preferito per tale attività. Sono uno scrittore di regime e per questo fingo di andare contro le convenzioni. Ma non spargete troppo la voce su questo...

Insomma veniamo al dunque. Ero lì di domenica pomeriggio a fare le mie prove per diventare sempre più il poeta Millet. Con me c'erano i miei compagni di avventura: Rose naturalmente e anche Marie Luise e Armand. All'improvviso chi ti vedo arrivare? Il mio autore, un tale Stefano Benni!!! Non vi dico la mia sorpresa. Io autore, messo a confronto con uno che praticamente MI HA SCRITTO. Ancora un po' e divenatvo pazzo in questa situazione schizzofrenica. Per fortuna ho mantenuto la calma. Ho fatto vedere al mio autore di cosa ero capace. I miei compagni hanno fatto altrettanto. Vi dirò, la prova ad essere me stesso è piaciuta al mio autore, cioè Stefano Benni. Un paio di suggerimenti per migliorarmi me li ha pure dati. Suggerimenti utili. Beh, dopo una prova così, con un autore così, io che sono a mia volta autore non posso che considerarmi soddisfatto! (Che confusione!)
Per fortuna prima che il autore se ne andasse ci siamo fatti una bella foto insieme. Un bel ricordo...

Per ora vi saluto, devo continuare a scrivere il mio poema. La prossima volta vi parlerò del mio colloquio con il Pappagallo di Rose. Bah, tipo strano quello...

Constantin Millet